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Bocconi avvelenati. Cosa fare?
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Bocconi avvelenati. Cosa fare?
Esche avvelenate. Cosa fare in caso di avvelenamento.
ENPA - Consigli utili
In molte zone d'Italia, in questo periodo, cacciatori criminali e allevatori senza scrupoli disseminano nei boschi esche e bocconi avvelenati nell'intento (vano) di tutelare la fauna selvatica cacciabile. Come comportarsi in caso il nostro animale abbia ingerito un boccone avvelenato?
Le esche avvelenate più note sono di due tipi: i topicidi di ultima generazione, derivati dall'indano-dione e quelli a base di fosfuro di zinco.
I primi, si presentano sotto forma di granuli abbastanza grossi e di colore blu o rosso, riconoscibili all'interno dell'esca, mentre quelli a base di fosfuro sono polveri nerastre. Nel caso di ingestione degli anticoagulanti che, appunto, bloccano i fattori della coagulazione del sangue, i sintomi possono, purtroppo, non manifestarsi subito ma da 48 ore a una settimana.
Intervenire con buon esito è estremamente difficile. In generale, i segni più evidenti sono una significativa spossatezza, una grande sete, le mucose pallide, difficoltà respiratoria e, non sempre, perdite di sangue dagli orifizi naturali e la formazione di ematomi sottocutanei. I modi per intervenire sono due: impedire l'assorbimento del veleno e tentare di bloccarlo quando è ormai in circolo. Gli antidoti che esitono, come la somministrazione della vitamina K e le trasfusioni di sangue, possono forse salvare l'animale ma non evitargli danni permanenti. Invece le esche a base di fosfuro di zinco sono tossiche e per esse non esistono antidoti.
Colpiscono fegato e reni e la mortalità altissima. L'unico aspetto, potremo dire positivo, è che sono più riconoscibili e più veloci a manifestarsi i sintomi di ingestione: vomito e fuoriuscita di schiuma dalla bocca, unita a un forte odore di aglio. In ogni caso se abbiamo anche il più piccolo sospetto che il nostro compagno peloso abbia ingerito un boccone avvelenato, la prima cosa da fare raggiungere, il più rapidamente possibile, un centro veterinario, e non intervenire autonomamente, e portare con noi, se possibile, un pezzetto dell'esca per farla analizzare.
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In molte zone d'Italia, in questo periodo, cacciatori criminali e allevatori senza scrupoli disseminano nei boschi esche e bocconi avvelenati nell'intento (vano) di tutelare la fauna selvatica cacciabile. Come comportarsi in caso il nostro animale abbia ingerito un boccone avvelenato?
Le esche avvelenate più note sono di due tipi: i topicidi di ultima generazione, derivati dall'indano-dione e quelli a base di fosfuro di zinco.
I primi, si presentano sotto forma di granuli abbastanza grossi e di colore blu o rosso, riconoscibili all'interno dell'esca, mentre quelli a base di fosfuro sono polveri nerastre. Nel caso di ingestione degli anticoagulanti che, appunto, bloccano i fattori della coagulazione del sangue, i sintomi possono, purtroppo, non manifestarsi subito ma da 48 ore a una settimana.
Intervenire con buon esito è estremamente difficile. In generale, i segni più evidenti sono una significativa spossatezza, una grande sete, le mucose pallide, difficoltà respiratoria e, non sempre, perdite di sangue dagli orifizi naturali e la formazione di ematomi sottocutanei. I modi per intervenire sono due: impedire l'assorbimento del veleno e tentare di bloccarlo quando è ormai in circolo. Gli antidoti che esitono, come la somministrazione della vitamina K e le trasfusioni di sangue, possono forse salvare l'animale ma non evitargli danni permanenti. Invece le esche a base di fosfuro di zinco sono tossiche e per esse non esistono antidoti.
Colpiscono fegato e reni e la mortalità altissima. L'unico aspetto, potremo dire positivo, è che sono più riconoscibili e più veloci a manifestarsi i sintomi di ingestione: vomito e fuoriuscita di schiuma dalla bocca, unita a un forte odore di aglio. In ogni caso se abbiamo anche il più piccolo sospetto che il nostro compagno peloso abbia ingerito un boccone avvelenato, la prima cosa da fare raggiungere, il più rapidamente possibile, un centro veterinario, e non intervenire autonomamente, e portare con noi, se possibile, un pezzetto dell'esca per farla analizzare.
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